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Rivista Costruttori Romani numero di luglio-agosto

COHOUSING, UN NUOVO MODO DI ABITARE CON SPAZI E SERVIZI IN COMUNE

di Francesco Ruperto (Vice Presidente della Fondazione Almagià)

La Fondazione Almagià e l’Isveur hanno deciso di approfondire l’analisi sulle nuove tendenze dell’abitare Intervista ad Antonella Sapio (Presidente Centro-studi Voice).

Che cos’è il cohousing o abitare solidale? Per cohousing si intende una recente forma abitativa, funzionale ai nuovi stili di vita delle persone, che consente di orgaorganizzare gli spazi condominiali in modo da avere alcuni luoghi di uso comune che i residenti possono utilizzare per condividere servizi (per esempio, sala giochi o ludoteca per bambini, sala cinema ecc.). La vita in cohousing è, cioè, caratterizzata da un maggiore scambio di relazioni tra i residenti e dalla possibilità di condividere sia esperienze sia servizi sempre più necessari (baby sitter, assistenti domiciliari ecc.), abbattendone ovviamente i costi. Gli edifici in cohousing prevedono appartamenti tradizionali (che garantiscono l’intimità familiare) e spazi di uso comune (che consentono scambi di relazioni e di servizi); il cohousing, pertanto, non va confuso con le comunità abitative in quanto non comporta né convivenza né promiscuità ma, al contrario, aggiunge semplicemente dei servizi agli appartamenti tradizionali. Non esistono formule rigide per la suddivisione degli spazi negli edifici in cohousing; il percorso di costruzione, infatti, prevede spesso un lavoro di progettazione partecipata con i residenti (cohouser) che scelgono liberamente l’entità e la tipologia degli spazi da condividere; esistono, dunque edifici in cohousing con spazi di condivisione minimi (una semplice stanza di incontro e riunioni) oppure estesi (wash sharing, biblioteca, ristorazione ecc.). Il percorso di progettazione partecipata è molto utile in quanto il pregio della vita in cohousing è rappresentato proprio dalla presenza di “vicinato elettivo”, cioè di vicini di casa con cui si è effettuato un percorso specifico di condivisione delle scelte abitative e con cui siano state create buone relazioni; la differenza tra un condominio tradizionale e un edificio in cohousing è data dal fatto che l’anonimia del condominio tradizionale viene sostituita da una umanizzazione dello spazio abitato e dalla possibilità, per chi acquista un’abitazione, di scegliere i vicini di casa. Dove si è sviluppata maggiormente questo tipo di esperienza? Il cohousing è nato alcuni decenni orsono nel Nord Europa (Paesi scandinavi) ma si è presto sviluppato in tutto il mondo, con particolare riferimento a Stati Uniti, Canada, Australia e Giappone. In Italia si stadiffondendo in misura crescente e sono state già realizzate diverse esperienze in tutto il Nord Italia. Nel Lazio c’è un diffuso interesse al cohousing che, tuttavia, in assenza di riferimenti istituzionali o privati, converge in minima parte in aggregazioni associative e in larga parte tende a disperdersi. È naturale che, nella maggior parte dei casi, non trovando riscontro né presso le istituzioni né presso il libero mercato edile, la domanda di cohousing resti inevasa e finisca con l’afferire alle tradizionali formule abitative. Sarebbe certamente, al contrario, ben preziosa e lungimirante la creazione di un ente, pubblico o privato, che funga da collettore di questa specifica domanda abitativa, come accade da altre parti. In Danimarca, per esempio, è lo Stato a garantire per l’edilizia residenziale pubblica la presenza, in misura percentuale definita per legge, di edifici in cohousing mentre in altri Paesi esistono per lo più agenzie o enti privati che fungono da collettori della domanda abitativa e sono in grado di organizzarne il percorso progettuale fino alla relativa realizzazione. Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di questo modello di edilizia? I vantaggi della vita in cohousing sono molteplici tra cui in particolare: migliore qualità di vita di relazione, maggiore percezione di sicurezza grazie alla possibilità di “poter contare” sulla presenza di vicinato elettivo, presenza di servizi abitativi condivisi con abbattimento di costi, reti di relazioni per persone sole (anziani autonomi ecc.). Non sono individuabili particolari svantaggi, se non in funzione di eventuali conflittualità che possono sorgere all’interno del gruppo di residenti, in misura comunque minore rispetto a quanto si verificherebbe in condizioni abitative tradizionali. Con che tipologia e mix funzionale (destinazione d’uso) potrebbe essere sviluppato? Gli edifici in cohousing possono rappresentare una risposta abitativa per molteplici esigenze e incontrano oggi l’interesse di tante famiglie (coppie giovani con bambini ecc.); non ci sono particolari tipologie familiari che afferiscono maggiormente al cohousing in quanto si tratta di una esperienza abitativa e di vita cui può accedere chiunque, purché incline a una vita di relazione con tratti di socialità più ricchi e vivaci. In qualsiasi modo, è evidente che gli edifici in cohousing risultano maggiormente funzionali qualora vi siano particolari esigenze di persone in difficoltà che possono contare sia su un maggiore supporto del vicinato sia su una migliore qualità di vita, fugando il rischio di una solitudine spesso di per sé foriera di disagio. Cosa stanno facendo e potrebbero fare le istituzioni nazionali e locali per favorire il diffondersi di tali iniziative? Attualmente le istituzioni nazionali non stanno facendo molto per favorire la realizzazione di edifici in cohousing sul territorio. A livello legislativo c’è stato un tentativo di disegno di legge nella precedente legislatura, a opera del sen. Ignazio Marino, ma non è stato avviato l’iter parlamentare, per decadenza, dopo la deposizione (19 ottobre 2012). A livello degli Enti locali, certamente la Regione Toscana si è sinora distinta per maggior numero di iniziative, con particolare riferimento a bandi pubblici per erogazione specifica di fondi finalizzata alla realizzazione di edifici in cohousing per l’edilizia residenziale pubblica e privata. Anche le Regioni Piemonte, Lombardia e Veneto hanno sostenuto, a vario titolo, piccole iniziative locali di enti comunali. Nel Lazio, a tutt’oggi, non c’è stata ancora alcuna iniziativa, pubblica o privata, che possa essere citata; si sono verificate poche esperienze spontanee di piccole reti amicali che si sono auto-organizzate, riadattando casali di campagna, ma si è trattato di vicende contestuali e specifiche che non hanno nulla a che vedere con percorsi strutturati di costruzione di edifici in cohousing.

luglio-agosto 2013 articolo Sapio

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