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PER UNO SVILUPPO E UNA RIQUALIFICAZIONE DEL TERRITORIO

Articolo di Giancarlo Goretti,
Presidente della Fondazione Almagià.
L’IN/ARCH LAZIO ha tenuto un dibattito
sul tema dell’utilizzo del territorio mettendo
a confronto le opinioni di imprenditori,
studiosi ed esperti. Recenti rapporti
sullo sviluppo edilizio del nostro Paese
hanno evidenziato il progressivo consumo
di suolo. Non più semplicemente crescita
e diffusione urbana, ma una occupazione
distorta, uno spreco di risorse naturali. Il
suolo è visto come una risorsa limitata e
decisiva per l’equilibrio dell’ambiente.
Come reagire? Come avviare nuove strategie
di sviluppo in grado di riqualificare il
territorio consumato e proporre interventi
più sostenibili e consapevoli?
L’Italia nasce dai Comuni, non dobbiamo
dimenticarlo, e i Comuni hanno da sempre
poco interagito con le logiche di una Nazione.
Così semplicemente, la tutela del
territorio di proprietà, a partire dallo
smembramento del latifondo e la frammentazione
delle aree agricole, da parte
della popolazione residente, ha sviluppato
una urbanistica (ma forse il termine è improprio)
diffusa e senza soluzione di continuità.
Poi ci si è messa l’ideologia politica,
prima con il diritto all’autocostruzione poi
permettendo un abusivismo speculativo.
Leggi di tutela, ambientali e paesaggistiche,
non hanno fatto altro che escludere
del tutto dalla produzione un’edilizia pianificata,
lasciando al contrario campo libero
all’appropriazione di parti pregiate di
territorio con interventi senza rispetto.
Critiche molto poco velate sono state rivolte
alla classe imprenditoriale che il
mondo dell’edilizia rappresenta: quella dei
costruttori. Ma è davvero possibile immaginare
che tutte le altre componenti non
ne siano anch’esse, e forse anche più, le
vere responsabili?
Mancanza di programmazione urbanistica
e economica, di controlli, gli atteggiamenti
sordi e ciechi ai richiami di attenzione e alle
grida di allarme che da più parti si levavano,
non hanno altri colpevoli? Non
credo proprio. Non accennerò ad alcun
tentativo di difesa di categoria, tanto non
servirebbe a far cambiare idea a chi ne ha
fatto bandiera e non saprebbe come giustificare
le proprie trascorse intransigenze.
Oggi, però, sta emergendo una nuova
consapevolezza di antica saggezza: est
modus in rebus.
Agiamo insieme e con criterio, per il bene
nostro e dei nostri figli. Mi appello al buon
senso, all’unità del pensiero colto, per la
salvaguardia del nostro stesso futuro: combattiamola
insieme questa dura lotta perché,
ci piaccia o meno, siamo comunque
tutti coinvolti.
Secondo Edoardo Zanchini, Vice Presidente
di Legambiente, occorre uscire da
un modo di ragionare di edilizia abitativa,
se si vuole dare risposta alla domanda e offrire
una possibilità per gli studenti, le
giovani coppie, gli immigrati, occorre
puntare alla creazione di un patrimonio di
abitazioni pubbliche in affitto a prezzi accessibili.
L’offerta di alloggi di Edilizia residenziale
pubblica è purtroppo passata da
una media di 18 mila alloggi nel periodo
1980-1990 a poche migliaia complessivamente negli ultimi anni. Come all’estero,
la priorità deve andare al recupero di
aree dismesse (le brownfields) o alla
densificazione dei tessuti esistenti, in
modo da prevedere una spesa molto alta
se si trasformano aree agricole o naturali
ed invece sgravi per chi demolisce e ricostruisce.
È proprio rispetto alla riqualificazione
che sono in corso le più interessanti
sperimentazioni nei Paesi europei e
su cui, anche in Italia, occorre portare l’attenzione
per incrociare gli obiettivi energetici,
oggi vincolanti, con quelli di messa in
sicurezza del patrimonio edilizio e di adeguamento
degli alloggi alle nuove domande
delle famiglie di spazi, di vivibilità
dei quartieri.
Secondo Daniel Modigliani, Presidente
di INU Lazio, bisogna evitare sprechi della
risorsa suolo, ma le previsioni dei geografi
e degli statistici indicano che l’inurbamento
proseguirà, soprattutto nelle aree
urbane, per molti decenni. Tuttavia non c’è
nulla di irreversibile, in particolare oggi, un
tempo nel quale la potenza degli strumenti
a nostra disposizione ci permette di
demolire o costruire nuove città, coltivare
o proteggere l’ambiente come vogliamo.
Per ottenere dati attendibili sul fenomeno,
dal 2008 l’INU e Legambiente, con il supporto
scientifico del Dipartimento di Architettura
e Pianificazione del Politecnico di
Milano hanno dato vita prima all’Oncs (Osservatorio
nazionale sui consumi di suolo)
e poi al CRCS nel 2010 (Centro di ricerca
sui consumi di suolo). Il territorio di Roma
sembra essere uno degli esempi peggiori
di comportamento rispetto al consumo di
suolo. Invece, in una ipotetica classifica tra
le 33 Province delle Regioni Lombardia,
Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e
Sardegna, le uniche in Italia di cui si hanno
i dati, sarebbe al settimo posto. Non
solo: oltre la metà delle province, 18 su 33,
hanno avuto un tasso di consumo di suolo
più che doppio rispetto a quello di Roma
e Fiumicino. Cerchiamo quindi tutti di migliorare
sollecitando, soprattutto gli Enti e
le Istituzioni assenti e cercando di ottenere
risultati più avanzati dove abbiamo intrapreso
la strada giusta. Le regioni potrebbero,
sulla base delle carte tecniche
comunali, montare un sistema informativo
che può essere verificato dall’alto attraverso
i rilevamenti satellitari e dal basso
con le informazioni sulle dinamiche trasformative
dei comuni. Ricordiamo che il
suolo è una risorsa assai limitata a differenza
delle altre due componenti fondamentali
dell’ambiente, aria ed acqua,
anch’esse limitate, ma rinnovabili.
Secondo Giovanni Caudo della Facoltà di
Architettura Roma Tre, le città sono una risorsa
importante per la crescita sociale ed
economica del nostro Paese, da esse, dalla
loro efficienza, dalla capacità di costruire
senso di sicurezza sociale dipende la vita
materiale di molti cittadini. Riportare le
città al centro dell’agenda politica è
questione strategica per il Paese.
Le città italiane sono considerate tra
l’espressione più alta della civiltà urbana
europea. Adesso, dinanzi al territorio urbanizzato
negli ultimi 60 anni, fatto di
frammenti, di interstizi, di immobili inutilizzati,
di tutto quello che in molti casi ci appare
come uno spreco, dobbiamo ri-immaginarle
nella loro nuova consistenza. Sarà
un processo di contrazione e di densificazione
a dover essere governato. La densificazione,
se la incrociamo con le dinamiche
demografiche, con la prevalenza di
famiglie monopersonali, con l’abitare temporaneo
è, in realtà un processo di progressiva
intensificazione d’uso del territorio:
vivremo in molti e in spazi più contratti e
useremo meglio il territorio. Secondo Rosario
Pavia del Consiglio Direttivo IN/ARCH
Lazio, il consumo del suolo è oggi all’ordine
del giorno. In questa abnorme crescita non
c’è un disegno complessivo, e la politica ha
le sue responsabilità, non ha saputo governare
e orientare lo sviluppo. È mancato un
progetto di coesione territoriale e di coesione
sociale.
Dal 1950 ad oggi, la popolazione è cresciuta
del 22%, il suolo urbanizzato del
500%; la popolazione cresce di ¼, il suolo
urbanizzato cresce di 5 volte. Non c’è nessuna
correlazione.
Consumo di suolo significa consumo di
energia, erosione dei terreni agricoli, distruzione
della biodiversità. Il consumo distorto
di suolo ha prodotto inquinamento,
dissesti idrogeologici, ha intaccato la resilienza
dei terreni e la loro capacità di contribuire
all’equilibrio ambientale a partire
dalla riduzione di gas serra e dal cambiamento
climatico. Il consumo distorto del
suolo si traduce in un insostenibile costo
sociale. Il suolo va considerato a tutti gli effetti
un “bene comune”, una risorsa limitata
da utilizzare con cura. Il problema è
come consumare. Come progettare, produrre,
consumare in modo diverso? Il problema
è anche come riconvertire il suolo
urbanizzato, come riciclare, come avviare
un nuovo ciclo di vita per la città. Se questo
è vero, la cultura del progetto deve
cambiare radicalmente e con essa l’industria
delle costruzioni.
Da Costruttori Romani, n. 5 maggio 2012. CR_Mag12(NewsAlmagia)
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